ANTIFASCISMO E COSTITUZIONE


di Nicola Tranfaglia


1. Le prossime elezioni politiche rappresentano, senza alcun dubbio, una sorta di generale verifica per le due coalizioni che si presentano, agli elettori dopo cinque anni di governo e di opposizione e propongono, a chi voterà i tratti essenziali dell'Italia di domani.

Per chi vi parla, ci sono e ci sono sempre state, in questi quattro difficili anni, due stelle polari che hanno guidato il nostro cammino e che ci hanno impedito di stringere accordi consociativi o di cedere alle lusinghe del liberismo e del populismo che purtroppo hanno attratto, a volte, (e attraggono ancora) anche donne e uomini che provengono dalla sinistra: la cultura dell'antifascismo e la costituzione repubblicana.

Per noi il primo (come la seconda), è uno dei valori fondanti della democrazia italiana: l'Italia (molti lo dimenticano, o fingono, di dimenticare) ha conosciuto per la prima volta la democrazia dopo un esperimento liberale, crollato anche per il suo distacco dalle masse popolari, grazie alle donne e agli uomini che hanno mantenuto ferma la loro opposizione al regime fascista e ai giovani, nati e cresciuti negli anni della dittatura, che si sono uniti agli esuli e ai detenuti usciti dalle carceri fasciste prima o dopo la caduta di Mussolini e l’arrivo della guerra sul territorio nazionale.

Le ricerche storiche di questo sessantennio sulla resistenza hanno dimostrato, in modo incontestabile, che a quella lotta hanno partecipato, in maniera pressoché paritaria, donne e uomini che hanno lottato per vent'anni contro il regime clandestinamente, in carcere o in esilio, e giovani delle nuove generazioni educate durante la dittatura che hanno compreso a poco a poco, durante la guerra, gli errori del fascismo staccandosene fino ad andare in montagna o a combattere nelle città contro la repubblica sociale e i loro, alleati nazisti.

Come si può dimenticare l’esempio di Giacomo, Matteotti, di Carlo Rosselli e di Antonio Gramsci che hanno lottato in parlamento, in esilio o in carcere fino a cadere per mano del pugnale fascista, volto a fermare per sempre l’azione e il cervello di uomini che mettevano in pericolo il dominio di Mussolini e del regime fascista?

O l’eroismo, di uomini come Vittorio Foa, Riccardo Bauer, Ernesto Rossi, Altiero Spinelli e tanti altri che hanno trascorso in carcere gli anni migliori della giovinezza per non tradire le proprie idee e continuare, malgrado, le loro condizioni di soggetti indifesi all'arbitrio autoritario del regime, ad elaborare progetti culturali e politici sull’Italia dopo il fascismo?

Ed è a loro che si deve l’idea di un rapporto nuovo tra il socialismo, la solidarietà sociale e la democrazia come base necessaria di un paese guarito dal nazionalismo e proteso verso la federazione europea.

Sono le riviste dell'antifascismo cattolico, liberale, democratico, socialista e comunista che, negli anni trenta e quaranta, elaborano, i valori fondamentali che saranno alla base della costituzione repubblicana.

E' proprio in quelle carte che si trova ancora oggi, a distanza di sessant'anni, il dibattito più fecondo sull'Italia contemporanea sulla crisi della democrazia parlamentare dopo la prima guerra mondiale, sugli esperimenti di democrazia diretta necessaria per avvicinare i cittadini allo Stato, sul legame indissolubile che deve esserci tra la politica e la cultura, tra l'etica pubblica e gli interessi privati, tra il senso dello Stato, cosi debole per ragioni storiche nel nostro paese, e la vicinanza alle masse popolari sulle idee di libertà e di eguaglianza che devono guidare l’azione di una democrazia sociale adeguata alle trasformazioni sociali e culturali dell'Europa di domani.

Come si fa a sostenere, alla luce della storia, che quelle idee sono ormai passate e fuori moda, che il denaro e il successo, comunque ottenuto, sono gli unici misuratori validi per la vita dell’individuo come dei gruppi sociali? E che la politica è una pura tecnicalità da delegare a puri professionisti della politica volti prima di tutto alla propria carriera personale prima ancora che agli interessi generali della società?

Come si può accettare che il modello di un paese, a lungo civile e democratico, ma precipitato oggi in una drammatica involuzione politica che sta distruggendo le regole costituzionali dello Stato di diritto come gli Stati Uniti di George W.Bush debba essere seguito per gli aspetti peggiori e ignorato, invece, e misconosciuto per quanto attiene alla sua secolare, tradizione democratica, nata dalla prima rivoluzione politica in Occidente negli anni settanta e ottanta del Settecento prima ancora della grande rivoluzione francese?


E ancora quale senso ha ignorare o mettere da parte, la grande lezione della barbarie fascista e nazista, per dimenticare quel che è successo negli anni venti, trenta e quaranta e adottare, in maniera disinvolta, i comportamenti e le parole d’ordine della peggiore destra nazionalista, fascista, e qualunquista?

Dimenticare, la lezione dell'antifascismo, la sua capacità di elaborare progetti e istituti dell'Italia libera, e democratica è assai peggio che ignorare la storia, cancellare il sacrificio, di tutti quelli che versarono il loro sangue prima e durante la seconda guerra mondiale sui campi di battaglia delle strade italiane, dei campi di battaglia spagnoli, dell'immenso teatro di guerra in Africa, in Grecia e in Russia è un'operazione politica e culturale indegna di un paese che vuole guardare, con l'animo sgombro dal rimorso a un futuro di pace e di democrazia.

E' attraverso l'antifascismo, e la lotta della resistenza armata e civile che gli italiani hanno pagato, almeno in parte, la loro ventennale soggezione alla dittatura fascista, le odiose imprese coloniali di quel regime, l'aggressione vile alla Francia nel 1940, l’alleanza a Hitler voluta dall'ultimo fascismo di Salò, la terribile complicità della repubblica sociale italiana nella deportazione e nel massacro degli ebrei come nell'occupazione della penisola balcanica nell'ultimo conflitto mondiale.

Accantonare la tradizione antifascista, considerare quella lotta come qualcosa di finito e fuori moda, significa far franare le basi autentiche della democrazia repubblicana.

Ma, quando una maggioranza parlamentare (come quella attuale) equipara i reduci di Salò ai partigiani di ogni colore (disegno di legge n.2244 tuttora incardinato nei lavori parlamentari, si vuol compiere proprio una simile operazione ed appare giustificata, ma purtroppo non sufficiente, la resistenza intransigente che a una simile legge è stata opposta nelle ultime, settimane da cittadini, parlamentari, istituti importanti della società civile (a cominciare dall'ex presidente della repubblica Oscar Luigi Scalfaro) di fronte a una maggioranza compatta con la sua ala estrema, erede diretta, del fascismo, italiano.

C’è' da sperare ancora che ci siano forze politiche del centro­sinistra che imbraccino, con maggior forza di quanto e' accaduto finora la bandiera dell'ostruzionismo parlamentare, e dell’agitazione nella società per respingere al mittente, una legge come quella cui ho accennato. II mio appello, pubblicato dall’Unità il 27 febbraio scorso e rivolto agli storici e agli insegnanti di storia ha raccolto già quasi mille adesioni e il consiglio comunale di Firenze ha approvato un ordine, del giorno, che va nella stessa direzione e ha raccolto altre quattromila firme di adesione al medesimo, appello. Altre tremila firme sono state raccolte dall’associazione dei perseguitati politici e stiamo preparando una manifestazione nazionale a Roma nel mese di maggio per ribadire il nostro, no a una legge cosi vergognosa.


2. E' dall'antifascismo e dalla resistenza che nasce e si sviluppa il nucleo centrale della costituzione repubblicana del 1947 che vede collaborare intensamente per quasi due anni la classe politica cattolico democratica, quella liberaldemocratica e azionista, quella socialista e comunista.

E continua a farlo, anche dopo la rottura dei governi di unità, nazionale che segna l’uscita forzata dei partiti di sinistra dal governo De Gasperi, frutto di un'aspra guerra fredda di cui è vittima l'Italia, che ha luogo nella tarda primavera di quell’anno e dopo la rottura, incoraggiata dagli americani, all’interno del partito socialista italiano.

Per fortuna dei posteri, i deputati dell’Assemblea Costituente sono consapevoli della necessità di dar vita ad ogni costo a una costituzione che rifletta l’accordo tra i maggiori partiti politici nati dalla guerra e dalla resistenza.

Ed è grazie a questa lungimiranza che l’assemblea costituzionale, votata il 2 giugno 1946, consegna agli italiani una carta costituzionale che (soprattutto ma non soltanto) nei primi cinquantaquattro articoli, nella prima parte enuncia i valori di una democrazia moderna e aperta al futuro.

E, nella seconda parte, dedicata all’ordinamento della repubblica, disegna i tratti peculiari del funzionamento degli organi costituzionali, degli enti locali, della corte costituzionale.

Sessant'anni di esperienza democratica, pur con le sue inevitabili contraddizioni, ci dicono che proprio la costituzione del 1947 è il documento fondante da cui partire per tracciare i punti programmatici essenziali dell’Unione di centro-sinistra guidata da Romano Prodi.


3. E' sufficiente leggere con attenzione la nostra costituzione per identificare i punti essenziali di un progetto complessivo in grado, di disegnare un’alternativa radicale alle idee e alla politica seguita in questi ultimi anni dalla maggioranza raccolta intorno a Silvio Berlusconi.

C’é nei primi due articoli il fondamento della nostra convivenza civile costituita dal lavoro, e dalla garanzia dei "diritti inviolabili" dell'uomo e dei gruppi sociali, esercizio dei diritti che richiede l’adempimento dei "doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale".

Ma è nell’articolo 3 del dettato costituzionale che appare, già quel principio di eguaglianza che non tollera, distinzioni di sesso, di razza, di lingua e di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

Ed è in quell'articolo che si indica a chi decide la politica repubblicana un compito essenziale: quello di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che impedisce, il pieno sviluppo della persona umana.

Bastano, insomma, i primi tre articoli recepiti dal trattato europeo pressoché interamente nella Carta dei diritti votata a Nizza dai venticinque paesi dell'Unione, nel dicembre 2000, a indicare nelle libertà degli individui e dei gruppi sociali e in un eguaglianza sostenuta e resa reale dallo Stato i fondamenti della repubblica.

Subito dopo, la costituzione repubblicana affronta uno per uno i diritti fondamentali:

E' qui che si rende, evidente il concetto di laicità dello Stato e di separazione tra Stato e Chiesa che la politica di questi anni ha messo da parte a volte purtroppo anche per la resa di parte rilevante del centro sinistra.

L’articolo 9 detta un principio fondamentale ripreso più volte: “La repubblica   si afferma   promuove lo sviluppo della cultura e della ricerca scientifica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.”

E l’articolo 10, in modo, aperto e lungimirante, detta una nonna assai importante per il diritto di asilo a tutti gli stranieri che non possono godere nel loro paese delle libertà democratiche previste per tutti gli italiani dalla costituzione repubblicana.

E più avanti, all'articolo 33, detta una nonna fondamentale, anch'essa violata e in grave pericolo nella situazione attuale, quando, accanto alla libertà di insegnamento e di ricerca, stabilisce il carattere pubblico dell'istruzione: "Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato."

Ma in questi anni   e basta leggere l’ultima legge finanziaria, per averne una prova evidente   il Ministero dell'Istruzione guidato da Letizia Moratti ha privilegiato in maniera sempre più chiara evidente la scuola e l'università privata al posto di quella pubblica, attribuendo milioni di euro non alle migliori università pubbliche bensì a quelle private come il San Raffaele di Milano o l’Università europea dei Legionari di Cristo che funzionerà soltanto dall’ottobre 2005, la scuola Jean Monnet dell'Università di Napoli Due, trasformata di colpo in Facoltà e dotata di sei milioni di euro in tre anni.

E tutto questo mentre l’attuale maggioranza mantiene i fondi per la ricerca scientifica alla percentuale ridicola dell’0,7% che ci colloca agli ultimi posti del continente europeo e affama le università bloccando il reclutamento e promuovendo uno stato giuridico contrassegnato dalla precarietà diffusa e dall’incertezza delle condizioni di lavoro per le nuove generazioni. Il che condurrà, purtroppo, a incoraggiare una fuga sempre più ampia dall'Italia e dalla ricerca pubblica dei migliori ingegni delle nuove generazioni.

Gli esempi di violazione dell'articolo 33 della costituzione potrebbero moltiplicarsi ma, fino ad oggi, non hanno suscitato né l’interesse della stampa che si autodefinisce indipendente né tanto meno delle televisioni, tutte più o meno legate al governo Berlusconi.

L’articolo 11 deve essere ricordato con speciale sottolineatura perché mette in causa dalle sue radici l’attuale politica estera condotta dalla Casa delle Libertà.

Quell’articolo, come e' noto, segna il ripudio della guerra come strumento di offesa alla libertà di altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali. E promuove e favorisce le organizzazioni internazionali necessarie per costruire un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni.

Qui le contraddizioni tra la politica attuale e quella che dovrà condurre l’Italia nei prossimi anni sono particolarmente forti ed evidenti: l’Italia è stata coinvolta in una partecipazione alla guerra in Iraq e all’occupazione militare guidata dagli Stati Uniti grazie a una delibera parlamentare che parlava di una missione di pace, ha condiviso in tutto e per tutto la politica unilaterale americana e la teoria della “guerra preventiva” dei neoconservatori e del presidente Bush.

Continua a non voler sentire parlare né di ritiro delle nostre truppe né di intervento delle Nazioni Unite, posta peraltro in condizioni economiche tali da non essere in grado sostituire gli occupanti con un contingente militare costituito dai paesi neutrali e da quegli stati arabi che non hanno condiviso la guerra americana. Basta pensare che gli Stati Uniti governati dal partito repubblicano non versano da anni la propria quota di contributi all’ONU che corrisponde al venticinque per cento del bilancio complessivo delle Nazioni Unite e in questo, modo ricatta l’organizzazione internazionale e le impedisce di adempiere ai propri compiti.

E arriviamo all'articolo 21 che può dirsi letteralmente abrogato nella costituzione materiale dell'Italia berlusconiana.

Chi può sostenere oggi, ad essere in buonafede, che c'è ancora la libertà di stampa e di informazione nel nostro paese quando, sette canali televisivi sono direttamente o indirettamente controllati dal presidente del consiglio grazie alle norme esistenti della legge Gasparri, al ricatto costante esercitato sui giornalisti, al dominio pressoché completo del mercato pubblicitario?

Persino la maggioranza di centro destra, legata, al partito, popolare europeo, ha votato, nel parlamento dell'Unione europea l’anno scorso una risoluzione fortemente critica sull’assetto dei mezzi di comunicazione ma nessuno tra i telegiornali e tra, i quotidiani più diffusi ha illustrato quel documento, alla nostra opinione pubblica.

Gli italiani si rendono conto, che,in assenza della televisione, l’opposizione di centro sinistra, dispone di un numero di copie ridicolo di fronte al dominio dei giornali favorevoli al centro destra e quelli ricattati attraverso il mercato pubblicitario dal governo?

E’ una scala da uno a cinquanta quella che regola il panorama della carta stampata e nasconde alla grande maggioranza degli italiani quello che fa la maggioranza parlamentare.

Qualcuno ha riflettuto sul fatto che, se non ci fosse stata, una pesante crisi economica che non si poteva nascondere per evidenti ragioni a nessuno, gli italiani avrebbero continuato, a credere al sogno berlusconiano del miracolo italiano che aveva condotto tanti tra, i poveri e gli emarginati a votare per l’attuale presidente del Consiglio? Mi pare proprio di no.

Non mi è mai capitato, come in questi ultimi quattro anni di venire a conoscenza di scelte del governo o della maggioranza non attraverso le televisioni o i giornali bensì nelle istituzioni o per pure caso e di scriverle su uno dei tre quotidiani che sfuggono, al ricatto pubblicitario (ma per quanto, ancora?), trovandomi regolarmente, circondato da, un silenzio di tomba di tutto il sistema informativo italiano.

Uapprovazione della legge Gasparri, rinviata alle Camere dal presidente della Repubblica ma poi promulgata senza modifiche di rilievo, pennette a Mediaset,iI gioiello di famiglia del capo del govemo,di aumentare a dismisura i suoi ricavi pubblicitari e di fare della Rai privatizzata, un satellite minore del sistema informativo berlusconiano.

I due oligopoli realizzano insieme il 96,8% per cento della pubblicità disponibile e Mediaset fa la parte del leone.

Faccio ancora due ultime brevi considerazioni che riguardano la costituzione e la necessità di partire da essa per costruire l’alternativa all'Italia di Berlusconi.

La prima riguarda la legge Castelli sull'ordinamento, giudiziario, gia' approvata, dalla maggioranza di centro, destra, e rinviata alle Camere dal Capo dello Stato.

L’approvazione di quella legge, magari con poche superficiali modifiche ma in maniera conforme all’impianto iniziale, significa un vulnus grave non soltanto all’articolo 101 della costituzione che sottopone i giudici soltanto alla legge ma al sistema complessivo della divisione dei poteri e degli organi costituzionali.

E' il primo, decisivo assalto a quel sistema costituzionale, dettato nella seconda, parte della Carta, che è assai chiaro non soltanto sulla divisione dei poteri dello Stato ma può reggere nella misura, in cui accanto agli organi di governo, funzionano a pieno ritmo, organi di controllo a difesa dei principi fondamentali della Carta, dal Capo dello Stato alla Corte costituzionale.

La seconda e ultima considerazione riguarda, pertanto il disegno di legge costituzionale gia approvato dal Senato e che la maggioranza vorrebbe approvare definitivamente prima della fine della legislatura.

Qui siamo di fronte a una vera e propria riscrittura della carta costituzionale e diffido di chi scommette sulla mancanza di tempo per l’approvazione definitiva della legge o resta tranquillo pensando alla risorsa successiva del referendum confermativo.

E' possibile che il tempo non ci sia prima del 2006 ed e' anche possibile, almeno in astratto, che il centro sinistra prevalga nel voto referendario.

Ma la difesa della costituzione Repubblicana deve restare il punto fondamentale di programma per chi ritiene che sia necessario, in questo venticinque aprile rivendicare la centralità dell'antifascismo come base della nostra democrazia.

Non è necessario un lungo discorso tecnico giuridico.

Basta ricordare che, nella prima e nella seconda parte, della costituzione, tutti i filoni culturali usciti dalla seconda guerra mondiale e presenti nella grande maggioranza dell’Assemblea costituente furono, d'accordo per sostituire alla dittatura mussoliniana un sistema parlamentare corretto dalla presenza, accanto a un esecutivo, di organi costituzionali come la presidenza della repubblica e della corte costituzionale che hanno una funzione di equilibrio e di controllo rispetto, alla maggioranza parlamentare che all’esecutivo e impediscono qualsiasi dittatura del presidente del consiglio o della maggioranza.

II disegno di legge in discussione azzera questa situazione e fissa una vera e propria dittatura del primo ministro che non è nominato, dal capo dello Stato ma diventa tale solo per decisione degli elettori, può sciogliere quando vuole le camere e può sottoporle a un vero e proprio ricatto se si verifica la contrarietà della maggioranza parlamentare a uno dei suoi progetti.

Si modificano insomma le basi democratiche della convivenza civile fissate nella nostra costituzione repubblicana. E' una lotta mortale nella quale non si può cedere.

Nel ricordo dell'antifascismo e della guerra di Liberazione di sessanta anni fa e del sangue degli italiani che l’hanno combattuta e sono caduti a decine di migliaia anche per noi e per i nostri figli.



Bergamo 25/04/2005




Intervento in occasione del Convegno promosso dal Circolo Gramsci di Bergamo:

Il Fascismo oggi : razzismo, revisioniso storico e nuovo squadrismo”

Bergamo, Sala del Mutuo Soccorso, 28/04/2005